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Resilienza e Psicologia dell'emergenza-ECM Psicologi e Professionisti salute mentale e trauma
30 Mar 2022

Resilienza e Psicologia dell’emergenza

di Mei Team | postato in: Psicologia, Psicotraumatologia | 0

Psicologia dell’emergenza: l’importanza di rafforzare la resilienza

La Psicologia dell’Emergenza è il settore della psicologia che si occupa degli interventi clinici e sociali durante situazioni fortemente stressanti che mettono a repentaglio il benessere del singolo individuo, di una comunità o di un intero Stato.

Gli eventi critici possono essere rappresentati da calamità naturali, disastri tecnologici, sanitari, sociali o gravi incidenti sul lavoro o stradali. Gli eventi critici possono minare l’integrità psico-fisica di ogni individuo che ne sia vittima diretta e di chiunque gli stia accanto.

La psicologia dell’emergenza, oltre a occuparsi delle persone direttamente coinvolte negli eventi critici, si occupa anche dei loro familiari, dei soccorritori e della comunità. L’intervento psicologico si svolge in ambienti di grande incertezza e con reazioni di stress e di dolore emotivo in fase acuta. Deve essere contestuale all’accaduto in termini di tempo. L’assenza o il ritardo nel fornire un’assistenza psicologica alle persone non è giustificata e significherebbe ignorarne i bisogni.

La #PsicologiaDellEmergenza, oltre a occuparsi delle persone direttamente coinvolte negli eventi critici, si occupa anche dei loro familiari, dei soccorritori e della comunità | #ECM #Psicologia #Psicotraumatologia Condividi il Tweet

Gli interventi in risposta alla situazioni emergenziali si articolano in genere in equipe territoriali locali, regionali e nazionali e/o in ambiti ospedalieri. A fronte dell’attuale emergenza Covid19, sono state attivate risposte coordinate a livello regionale mediante raccomandazioni al gruppo di Coordinamento dei Programmi aziendali di Psicologia Clinica e di Comunità per la messa a punto di interventi psicologici specifici destinati al territorio anche attraverso l’attivazione delle Equipe Psicosociali per l’Emergenza (E.P.E.).

Resilienza: documenti e Linee Guida

Nel 2007 l’Inter Agency Standing Committee (IASC) ha pubblicato le prime Linee Guida relative alla Salute Mentale e Supporto Psicosociale in contesti emergenziali. Queste Linee Guida sono state fondamentali per costruire interventi volti a promuovere e rafforzare la resilienza degli individui e delle popolazioni.

Il 13 Maggio 2020 le Nazioni Unite hanno pubblicato un documento specifico sul COVID-19 e la necessità di interventi di salute mentale (“Policy Brief: COVID-19 and the Need for Action on MentalHealth”), che sottolinea le azioni previste dalla Linee Guida IASC.

Competenze dello psicologo

In contesti traumatici di tali dimensioni, è indispensabile che lo psicologo abbia una preparazione specifica. Deve conoscere in modo approfondito le diverse fasi del supporto psicologico. Il lavoro di rete nel quale lo psicologo lavora e la capillarità dei sistemi di protezione sociale per i soggetti direttamente o indirettamente interessate dall’emergenza, devono osservare buone prassi che promuovono una cultura di “sicurezza’’, empowerment e cura.

Per lo psicologo avere un approccio trauma-orientato significa adottare un approccio multidisciplinare. Si confronta con gli altri professionisti socio-sanitari con la finalità di comprensione e scambio, in risposta agli effetti di tutti i tipi di traumatizzazione. Lo psicologo dell’emergenza è formato nelle terapie trauma-focali. Questo consistono in approcci specifici che presuppongono una conoscenza delle modalità attraverso cui le esperienze traumatiche incidono sulle risposte emotive e cognitive dell’individuo. Possiede competenze professionali nell’applicazione di tecniche mirate di intervento e supporto psicologico in fase peri-traumatica.

In contesti traumatici di grandi dimensioni è indispensabile avere una preparazione specifica. Per lo #psicologo avere un approccio trauma-orientato significa adottare un approccio multidisciplinare | #ECM #PsicologiaDellEmergenza Condividi il Tweet

Come intervenire nei contesti emergenziali

In ogni caso l’intervento deve basarsi su un’attenta valutazione delle risorse e delle capacità disponibili nella persona e nell’ambiente in cui vive. L’attuale situazione di emergenza Covid19, per esempio, comporta vari scenari e diverse combinazioni di eventi.

Le persone reagiscono con differenti intensità e modularità emotive. Si va dal comprensibile disagio per le restrizioni e l’isolamento sociale alla preoccupazione per parenti che non si possono fisicamente raggiungere. O, ancora, dal timore per la salute propria e dei propri cari, fino a una vera e propria angoscia per la propria incolumità fisica se la persona si trova in una pregressa condizione di fragilità o per l’incolumità altrui.

In tale scenario, un intervento capillare di supporto psicologico che comprenda una massiccia e diffusa psicoeducazione al trauma, previene lo sviluppo di esiti post traumatici a medio lungo termine e promuove resilienza.

L’esperienza Covid19 porta con sé l’incertezza delle conseguenze e delle evoluzioni.

Resilienza

Il termine resilienza in realtà deriva da altri ambiti tecnico-scientifici. Dall’ingegneria come capacità di un materiale di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi, dall’ecologia come capacità di una specie di autoripararsi dopo un danno, dalla teoria dei sistemi come capacità che ha un sistema di resistere ai cambiamenti provocati dall’esterno.

Assume un significato specifico nell’attuale dibattito sulla salute mentale e sui processi che promuovono il benessere psicologico. Resilienza è un costrutto psicologico multidimensionale. Indica la capacità degli individui di rimanere organizzati di fronte a una sfida e si sviluppa lungo tutto il corso dell’esistenza.

Non è una caratteristica statica né un tratto permanente, ma un processo dinamico. Questo processo comprende il far fronte, resistere, integrare e riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le situazioni avverse che potrebbero produrre un esito negativo.

Si tratta di riuscire a modificare l’impatto di un evento traumatico, doloroso, potenzialmente destabilizzante attraverso un processo di elaborazione e trasformazione, che ha come risultato un percorso di apprendimento e di crescita. È frutto dell’intreccio di predisposizioni genetiche, qualità personali, fattori ambientali e fattori neurobiologici.

La #resilienza consiste nel modificare l’impatto di un evento traumatico con un processo di elaborazione e trasformazione. È frutto di predisposizioni genetiche, qualità personali, fattori ambientali e fattori neurobiologici | #ECM Condividi il Tweet

Interessante la proposta di Masten A.(2001):

la resilienza è il risultato di un funzionamento efficace dei sistemi adattivi fondamentali dell’essere umano nei contesti di avversità. Alcuni sono aspetti dell’individuo, altri del contesto.

La resilienza e la crescita post-traumatica

Una delle considerazioni su cui convergono diversi studi sulla resilienza, è sulla possibilità che l’esperienza traumatica vissuta possa essere trasformata in un’opportunità di crescita e apprendimento (Tedeschi, 1995 e Calhoun, 1996).

Utilizzare le esperienze per migliorare le competenze

In alcuni individui è presente la capacità di utilizzare l’esperienza per migliorare le proprie competenze e svilupparne di nuove. La potenzialità dell’individuo e del gruppo di elaborare in modo costruttivo le esperienze, comprese appunto quelle negative, è correlata a una capacità integrativa. Integrazione di aspetti positivi e negativi dell’esperienza, quindi risorse e limiti della realtà esterna e della propria realtà, integrazione delle dimensioni temporali del passato, del presente e del futuro.

Questo permette una visione comprensiva che favorisce nell’individuo l’assunzione di una posizione di “potenza relativa”, cioè di un potere effettivo sulla propria esistenza che si colloca tra i due estremi onnipotenza (“posso tutto”) e impotenza (“non posso nulla”). Importante a tal proposito, che l’individuo abbia sviluppato un senso interno di fiducia che le difficoltà possano essere superate e che sia possibile influenzare in parte il corso degli eventi. Ogni stimolo di speranza e di fiducia è in grado di mobilitare tutti i pensieri e le risorse che contribuiscono al successo.

L’individuo è un agente attivo che dà un contributo significativo al processo di cambiamento. L’individuo può chiedersi cosa abbia imparato di sé e del mondo dall’esperienza traumatica vissuta | #Resilienza #PsicologiaDellEmergenza Condividi il Tweet

Inoltre il confronto con il trauma chiarisce i valori e ne ridefinisce la scala gerarchica. Le persone che mantengono “illusioni positive” e alti livelli di emotività positiva e di benessere di fronte ad avversità significative, tendono a stare meglio in quanto permettono loro di mantenere la speranza di fronte a situazioni di pericolo.

Questa disposizione consente di affrontare l’esperienza traumatica ma anche di apprendere da essa. L’individuo è un agente attivo che dà un contributo significativo al processo di cambiamento. L’individuo può chiedersi cosa abbia imparato di sé e del mondo dall’esperienza traumatica vissuta.

Trauma e psicoeducazione

Nelle fasi acute dell’emergenza, la prima fase dell’intervento ha la finalità di garantire sicurezza attraverso il contenimento e include la psicoeducazione. La psicoeducazione è una componente fondamentale dell’intervento di stabilizzazione, è preparatoria, ha lo scopo di prevenire la traumatizzazione. Il trauma ha un impatto più o meno potente sulla capacità del soggetto di regolare le emozioni e quindi è importante che sia rafforzata con strumenti specifici.

Si articola nel descrivere e informare su quali siano le reazioni “normali” a una situazione “non normale”, dove il flusso esperienziale nel quale la persona è immersa viene improvvisamente e inaspettatamente interrotto.

In situazioni traumatiche, viene minata la possibilità di sentirsi al sicuro e di poter creare reti di fiducia. In un primo momento le reazioni di attivazione sono risposte di fronteggiamento e adattamento che al momento sono funzionali alla sopravvivenza ma poi non lo sono più, perché sempre attive, compromettendo la possibilità della persona di inserirsi nel tempo, fare differenze tra ora e allora e sviluppare una progettualità.

Più la traumatizzazione è attiva e più impatta sui lobi frontali. Questo riduce la capacità del soggetto di prestare attenzione ad attività astratte, quali la pianificazione e la concentrazione.

Nelle fasi acute dell’emergenza, la prima fase dell’intervento ha la finalità di garantire sicurezza attraverso il contenimento e include la psicoeducazione | #ECM #PsicologiaDellEmergenza Condividi il Tweet

Il ruolo della psicoeducazione

La psicoeducazione è un intervento che:

  • informa i soggetti coinvolti su quali siano le reazioni normali al trauma in modo tale che le sappiano riconoscere e differenziare;
  • spiega alla persona gli indicatori di disregolazione fisiologica e emotiva;
  • facilita l’acquisizione di strategie di regolazione nei domini dell’affettività, delle relazioni fisiologiche, del comportamento, delle relazioni interpersonali, affinché venga ampliata la cosiddetta “finestra di tolleranza”;
  • fornisce indicazioni di autoprotezione emotiva per rafforzare le strategie di coping e le risorse già presenti e/o recuperarne le risorse bloccate da un senso di minaccia e pericolo soverchiante.

La stabilizzazione in ottica di prevenzione avviene, quindi, tramite la normalizzazione delle emozioni che emergono intorno all’evento traumatico con la costruzione di una psicoeducazione orientata a un lavoro sul network della paura, rabbia, vergogna, colpa. L’esperienza traumatica si fissa sul corpo, interessando sensazioni interne, sensazioni tattili e intrusioni percettive, risposte cinestetiche, risposte vestibolari, componenti somatiche.

La stabilizzazione in ottica di prevenzione avviene normalizzando le emozioni intorno all’evento traumatico, costruendo una #psicoeducazione orientata a un lavoro sul network della paura, rabbia, vergogna, colpa Condividi il Tweet

Reazioni acute allo stress

Le reazioni acute allo stress consistono in un’alterazione nella risposta psicosomatica del soggetto e coinvolgono i domini:

  • affettivo (paura nei confronti dell’evento, ansia, deflessione tono dell’umore, rabbia nei confronti dell’origine dell’evento stressante e/o per la propria difficoltà a reagire, vergogna, sentimento di colpa, perdita di fiducia verso sé e gli altri, in alcuni casi di fede, sentimenti di disprezzo verso sé stessi, maggiore Irritabilità/reattività);
  • cognitivo (ruminazioni, flashback, oscillazioni del senso di realtà, difficoltà a concentrarsi, a mantenere l’attenzione, difficoltà a memorizzare e a recuperare memorie procedurali consolidate);
  • somatico (stati di iper o di ipo attivazione fisiologica, disturbi del sonno, alterazione del rapporto col piacere);
    comportamentale (iperfagia o inappetenza, abbuffate, addiction, abuso sostanze, evitamento delle situazioni associate allo stressor, estrema dedizione al lavoro o disinteresse);
  • relazionale (isolamento o maggiore richiesta di vicinanza e dipendenza, iperconnessione, sfiducia negli altri).

In soggetti con una buona capacità di gestione emotiva e cognitiva dello stress, le reazioni appena descritte non raggiungono particolari livelli di intensità e sono di breve durata.

La psicoeducazione per valorizzare le risorse personali e cosiali

La psicoeducazione lavora sul senso di sicurezza e fiducia, fa riflettere sull’esperienza, facilita processi cognitivi di anticipazione e presa di decisioni con la finalità di riprendere il controllo sulla realtà interna e esterna in maniera sana e costruttiva. Stabilire un ambiente sicuro in cui il paziente può apprendere e sperimentare la regolazione emotiva e un attaccamento sicuro è un aspetto essenziale dell’intervento.

Tutti dispongono di risorse personali e sociali che nei momenti di maggiore stress rischiano di essere oscurate. Solamente una diminuzione del senso di pericolo o di minaccia in corso può consentire al paziente di cominciare a disimpegnare il cervello della “sopravvivenza” e a impegnare il cervello che “apprende” (Ford e Courtois, 2009) nella terapia e nell’esistenza.

La #psicoeducazione lavora sicurezza e fiducia, fa riflettere sull’esperienza, facilita processi cognitivi di anticipazione e presa di decisioni con lo scopo di riprendere il controllo sulla realtà in maniera sana e costruttiva Condividi il Tweet

 

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